giovedì 9 agosto 2012

Basta lavorare gratis...


Ascoltiamo la brillante proposta che il nostro sottosegretario all’Economia Gianfranco Polillo ha lanciato per tentare di risollevarsi dalla crisi economica:
"Nel brevissimo periodo, per aumentare la produttività del Paese lo choc può venire dall'aumento dell'input di lavoro, senza variazioni di costo; lavoriamo mediamente 9 mesi l'anno e credo che ormai questo tempo sia troppo breve. Se noi rinunciassimo ad una settimana di vacanza avremmo un impatto sul Pil immediato di circa un punto".

Bene. La domanda che sorge leggendo queste farneticazioni è una sola: ma dove vive Polillo?
Non rispondetemi “in Italia”, perché proprio non ci si può credere!
La proposta di “aumentare il potenziale produttivo del Paese” fa il paio con una delle più tipiche esternazioni dell’ex presidente Berlusconi “gli italiani pensino a lavorare di più”.

Anzitutto qualcuno dovrebbe cortesemente spiegare al nostro “super-tecnico” che aumentare la produttività non risolve alcun problema; quello che conta è se si riesce poi a vendere quello che si è prodotto.
Ma certo, questo è un dettaglio marginale agli occhi dell’intrepido sottosegretario...

E noi riusciamo a vendere i nostri prodotti?
Pare evidentemente di no, visto che in Italia continuano a chiudere aziende.
Il motivo lo sanno pure i sassi (ma Polillo evidentemente non l’ha ancora scoperto): perdiamo continuamente competitività, diminuiscono le commesse e gli ordini alle nostre industrie.
Se questa è la realtà, a cosa serve produrre di più?
A chi potremmo vendere questo di più?
Ma non pensate che se le nostre aziende avessero mercato non si sarebbero già organizzate per aumentare la produzione, magari assumendo nuovi lavoratori?

Quindi la proposta di Polillo potrebbe essere riletta in questo modo: siccome manca il lavoro, bisogna lavorare di più.
Davvero un colpo di italico genio!

Eppure guardando bene dietro la proposta, apparentemente delirante, si trova altro...

Siccome i beni prodotti in quella settimana di lavoro “gratis” avrebbero un costo inferiore, sarebbero automaticamente più competitivi sui mercati internazionali.
Cioè, non so se avete capito il senso vero della proposta di Polillo: siccome il nostro prodotto costa troppo, è necessario pagare di meno i lavoratori per diventare più competitivi.
Eccola qui, la vera proposta!

In effetti a ben pensarci sarebbe veramente una svolta: un ulteriore grande passo avanti nella direzione della “cinesizzazione” della società italiana.
Ovvero minori diritti per i lavoratori, più lavoro e paghe più basse.
Insomma avvicinarci alla Cina e al suo modello di civiltà medioevale.
Questo è in realtà quello che Polillo, con allineata tutta la Confindustria e in definitiva tutta la classe dirigente italiana, ha in mente.
Tra i tanti modi che si hanno a disposizione per ridurre i costi, ovvero puntare su innovazione, riorganizzazione e nuove tecnologie, oppure ridurre il carico fiscale sulle aziende, oppure ancora alternativamente ricorrere alla svalutazione competitiva della moneta, che negli anni ’90 produsse risultati strepitosi sulla bilancia commerciale italiana, l’unica cosa su cui la classe dirigente punta è ridurre il costo del lavoro, cioè in definitiva far pagare ai lavoratori la crisi.

Oltre al fatto che questa scelta è evidentemente socialmente ingiusta, c’è pure il problema che alla lunga danneggia l’economia, perché ridurre di fatto le retribuzioni e i salari porta inevitabilmente anche la diminuzione della domanda interna, che ha come inevitabile conseguenza la discesa del PIL.

In definitiva questa è l’indicazione di Polillo: la crisi la paghino i poveracci. Meno retribuzioni, meno diritti (a questo sta alacremente lavorando la sua collega di governo Fornero), meno occupazione e più tasse (in questo si esercita il governo tutto).
Poi questo sarà gradatamente seguito da ulteriore crisi, e quindi ulteriori tasse e ulteriore meno occupazione, in un circolo vizioso che si fermerà solo quando la nostra società si sarà “cinesizzata” come da programma.

Ma lasciamolo pure fare, questo Polillo e i suoi degni compari, e vedrete se non andrà come ho appena anticipato!
Ci vorranno decenni, ma lì andremo a finire, vedrete...