mercoledì 24 aprile 2013

La tempesta perfetta


Leggo dell’incarico appena dato ad Enrico Letta per formare il nuovo governo.
Non si può dire che non me l’aspettavo, anzi ne ero quasi certo.

Mi viene in mente un film: la tempesta perfetta. Ve lo ricordate?
E sì, perché c'era una candidatura che esprime una prosecuzione più piena, più pedissequa, dell'agenda Monti?
Nessuna, Enrico Letta è la perfezione, la sublime incarnazione.
Mi ricordo che all'indomani dell'incarico a Monti il giovane Letta fu sorpreso a scrivere un pizzino traboccante entusiasmo e disponibiltà a collaborare verso il nuovo presidente del consiglio. Ricordate?

E adesso improvvisamente tutti i tasselli del puzzle vanno al loro posto, a partire dalle assurde vicende legate all’elezione del Presidente della Repubblica: si capisce perché Rodotà, ma neppure Prodi, andassero bene.
Ci voleva Napolitano.

Ci voleva che a rispondere al telefono agli stessi Potenti che a fine 2011 pilotarono la crisi italiana ci fosse lo stesso interlocutore di allora, il medesimo Presidente (non essendo riuscita la politica italiana a produrre un suo clone sufficientemente somigliante).
Era necessario che la linea allora dettata, che avrebbe portato per nostra somma sciagura al governo Monti, fosse riconfermata.
Che la tela ordita fin dai primi giorni successivi alle recenti elezioni portasse a questo altrettanto sciaguratissimo incarico, la sua logica conferma e prosecuzione.

Per l'appunto la tempesta perfetta.
Che regolarmente si abbatterà sulle nostre teste nei prossimi mesi, potete scommetterci.

Ci spiegheranno che la crisi continua ad imperversare, che è necessario mantenere alta la guardia, che si deve assolutamente tenere sotto controllo la spesa pubblica, che l’ulteriore manovra fiscale si è resa necessaria a causa della tale circostanza, eccetera eccetera.
E intanto continueremo la politica della macelleria sociale, delle imprese che chiudono, dei disoccupati che aumentano, della gente che si impoverisce giorno dopo giorno.

Avranno anche il coraggio di ammettere che le politiche di austerità e rigore in fondo non hanno raggiunto i risultati sperati, perché in fondo un contentino al popolo-bue che dovrà continuare ad essere massacrato bisognerà pur darlo, no?
Avete presente il signor Malaussene di Pennac, di mestiere capro espiatorio?
Quello che lavora all’ufficio reclami, viene chiamato e subisce una sonora lavata di testa dal capufficio di fronte al cliente, che quindi se ne va soddisfatto? Dopo la reprimenda al signor Malaussene, infatti, tutto continuava esattamente come prima.
E potete scommettere che dopo le critiche e autocritiche alle politiche di austerità, ai tagli dello stato sociale, agli aumenti orizzontali delle tasse, nulla cambierà: si continuerà a colpire la gente.

E’ la tempesta perfetta, per l’appunto.
Qualcuno ha già deciso qual è la sorte italiana.
Rassegnamoci, ormai siamo una colonia.

D’altro canto non si può negare che l’Italia abbia fatto con Letta una innegabile scelta di competenza e meritocrazia, così come fece con Monti, il quale dimostrò tutto il suo valore e le sue capacità di previsione quando affermò: “l'euro ha portato indubbi benefici a tutte le economie dell'eurozona, in particolare alla Grecia".

Infatti nel 1997 Enrico Letta scriveva così nel suo libro "Euro sì. Morire per Maastricht":
“vale la pena di morire per l'Euro e Maastricht come nel 1939 valeva la pena di "morire per la Polonia" (...) non c'e' un Paese che abbia, come l'Italia, tanto da guadagnare nella costruzione di (...) una moneta unica (...) abbiamo moltissimi imprenditori piccoli e medi che (...) quando davanti ai loro occhi si spalanchera' il grandissimo mercato europeo, sara' come invitarli a una vendemmia in campagna. E' impossibile che non abbiano successo (...) il mercato della (...) moneta unica sara' una buona scuola. Ci troveremo bene (...)"

Particolarmente preveggente il passagio sui moltissimi imprenditori italiani che “è impossibile non abbiano successo”, non vi pare?

Però in fondo è coerente: vale la pena morire per l’Euro. Naturalmente però a morire non sarà lui, ma qualche milione di italiani, i più sfigati, che si immoleranno per la causa dell’eurozona.
E vabbè, si tratta di dettagli: d’altra parte non esistono “pasti gratis”, no?
Così recita un vecchio motto assai caro agli economisti...

Credo che fosse proprio inevitabile che uno scienziato di tal fatta l’Italia lo avesse posto alla Presidenza del Consiglio, non ne convenite?