domenica 25 marzo 2012

I paradossi del "copyright"


La notizia è di quelle che dovrebbero farci seriamente riflettere su cosa è diventato questo nostro scassato mondo.
Eccola qua: a fine anno uscirà un film prodotto da una delle grandi corporation americane, la Saul Zaentz Company. Il film sarà titolato "The Hobbit" e sarà un'ennesima lettura dell'opera di Tolkien, la stessa da cui sono anche stati tratti i film della saga del Signore degli Anelli. Che si tratterà della solita cagata tutta effetti speciali è scontato quanto marginale.
Ovviamente agganciato al film vi è tutta l'enorme macchina del merchandising. Ci mancherebbe altro, perché il dio denaro non riposa mai e non basta semplicemente fare soldi con un film, bisogna spremerli da tutto ciò che in qualche modo ne è connesso.
Uno dei pezzi fondamentali di questa infernale macchina è il benedetto copyright. State dunque a sentire cosa hanno pensato gli azzeccagarbugli del colosso americano.

Hanno scovato un piccolo pub di provincia che sta in una cittadina inglese, Southampton, e che si chiama per l'appunto "The Hobbit", proprio come il film, e gli hanno intimato di cambiare nome e di rimuovere tutti i riferimenti non solo allo Hobbit ma anche già che c'erano a tutta l'opera di Tolkien, con la motivazione che loro ne detengono i diritti. Se il pub non ottempererà alla richiesta si troverà di fronte una azione legale, e possiamo immaginarci che razza di corazzata legale sarà in grado di schierare il colosso americano.
Pare che i gestori del pub siano seriamente preoccupati, perché soddisfare l'intimazione significa spendere non pochi soldi: bisognerebbe cambiare non solo l'insegna, ma anche i menu, le decorazioni, le promozioni, eccetera.

La cosa che lascia veramente interdetti è che il pub esiste con quel nome DA PIU' DI VENTI ANNI!
Cioè sta lì non solo da ben prima che uscisse il film (anzi il film non è ancora uscito e già si è scatenata la bagarre) ma anche da prima che ai signori della Saul Zaentz venisse in mente di comprare i diritti di utilizzazione commerciale dell'opera di Tolkien.

Ma non basta! L'aspetto che rende la vicenda ancora più paradossale è che Tolkien non ha affatto inventato la parola "Hobbit", di cui pare sia stata trovata traccia in un'opera del 1895.
Non so se avete percepito appieno il senso della questione. Tolkien scrive una serie di romanzi in cui usa la parola "Hobbit" già esistente, che non inventa affatto. Questi romanzi fanno un enorme successo e qualcuno ne compra i diritti di utilizzazione commerciale di questa parola.
Da questo momento in poi, CON EFFETTO RETROATTIVO, chiunque usi la parola "Hobbit" lo fa automaticamente in maniera indebita ed è soggetto ad una azione legale.

Naturalmente a nessuno della corporation viene in mente di chiedersi se lo stesso ragionamento non sia putacaso applicabile a loro stessi, visto che Tolkien ha usato una parola GIA' ESISTENTE. Logica vorrebbe che sia applicato il medesimo principio, no?
No, niente affatto, perché la logica non ha alcun diritto di cittadinanza nel Regno del Quattrino.
E neppure il buon senso può restare al suo posto, perché questi signorotti hanno COMPRATO il diritto di sfruttamento di una parola e quindi chi l'ha già usata in passato deve cancellarla dal suo vocabolario, perché non solo hanno comprato il diritto di sfruttamento commerciale, ma anche il diritto di impedire che altri lo facciano, anche quando quegli altri non hanno affatto copiato da loro, ma anzi hanno COMINCIATO PRIMA LORO ad usare quella parola.

Dunque nulla esiste più, né logica né buon senso, solo la ragione del denaro, il diritto del più forte, di chi può permettersi di acquistare il diritto di usare una parola. E' la legge della jungla, il diritto del predatore di sbranare i più deboli.
Ma pensate un po' che abominio, che assurdità, il diritto di usare in esclusiva una certa parola, il diritto di vietare che altri usino questa parola, che diventano come una merce da comprare.
E inoltre una parola che neppure si è inventata, semplicemente si è a sua volta "copiata" da altri (come se si potesse dire che una parola si "copia" ogni volta che la si usa per un qualsivoglia motivo).

Il bello è che la nostra benemerita Saul Zaentz Company ha concrete possibilità di ottenere la ragione di fronte ad un tribunale, e non soltanto perché può permettersi di schierare un esercito di principi del foro; non soltanto perché potrebbe "convincere" qualche giudice della bontà dei propri argomenti (magari con opere di persuasione un pochino "occulte"); ma soprattutto perché la legge è scritta in modo da dare sostegno alle assurde farneticazioni di questi signori.
Cioè esiste una regolamentazione del cosidetto "diritto di copyright" che può consegnare valore legale a delle insensatezze come quella appena descritta.

Questo, secondo me, è l'aspetto più odioso ed intollerabile della vicenda: non solo che esistano dei prepotenti che si impongono con la forza del denaro contro la logica e la ragionevolezza, ma che questa forza venga usata per avallare il sorpruso, in modo che questo abuso diventi addirittura legge!
Questo è il mondo che abbiamo costruito e che consegneremo ai nostri figli, questa immonda schifezza.
Qualcuno, con sottile ironia, ha osservato che non rimane da augurarsi che a nessuna grande azienda dell'intrattenimento venga in mente di fare un film intitolato "Pizzeria"...
Vado a vomitare, a risentirci.

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